Sicuri si nasce 2 - ICS 43mo TASSO - SAN GAETANO

Incontro: 28 Marzo 2023

ICS 43mo TASSO - SAN GAETANO

Classi 2 

32 partecipanti tra gli 11 ed i 12 anni + 3 professoresse

Durata: 1,5 ore

Testimonianze: Giovanni Durante (Associazione Annalisa Durante)

 

Arrivo e sono già tutti in questa grande aula. Anche loro non sembrano bambini, con i loro pantaloni stretti, con le loro scarpe alla moda, i ciuffi sugli occhi.

Apparentemente ragazzi, ma pronti ad esprimere il loro essere bambini quando si sentono sicuri.

Un gruppetto di ragazzine si siedono un po’ spavalde, come a dire ‘mo’ questa che vuole’. Sono sedute vicinissime, con le loro unghie lunghe smaltate con colori sgargianti, i loro abiti scuri e attillati ed i loro lunghissimi capelli.

E così prima di iniziare, comincio a chiedere i nomi. Lo faccio sempre ma questa volta arriva una voce dall’ultima fila: ‘Professorè tu come ti chiami?’

Non mi avevano mai chiesto il nome, ma hanno ragione, Io fino a questo momento ho chiesto sempre il loro, ma non ho detto il mio. E così Francesco dall’ultima fila mi ha convinto di aver sbagliato fino ad ora, di aver chiesto e non detto.

‘Io mi chiamo Fabiana e per piacere chiamatemi Fabiana, non serve professoressa’

Cristian allora mi guarda molto soddisfatto e mi dice ‘Ua come mia sorella!’

‘Ma dai Cristian, allora siamo quasi parenti!’ E tutti ridono … ed ecco le fossette dei bambini venire fuori.

E così Martina mi chiama ‘Fabbià, io mi chiamo Martina.’

Siamo entrati in contatto, grazie a Francesco che mi ha aperto la porta.

E così distribuiamo i superpoteri con le penne. 

‘Professorè non mi piace, posso cambiarlo?’

‘Professorè pure io’

Cristian mi chiama ‘Fabbià, per me non si deve cambiare perchè quello che capita è il superpotere destinato a te.’

Inizia la storia di Rosario, al principio ridacchiano, poi si fermano, ascoltano, si immedesimano, capiscono. Alla storia di Rosario subito si lega Giovanni Durante con la storia di Annalisa.

Gli occhi vivaci di una ragazzina dalle unghie lunghe smaltate che prima ridacchiava e poi diventava pensierosa, iniziano a diventare lucidi, sempre di più, ed una prima lacrima scende sul viso. La mani delle amiche dalle lunghe unghie colorate si intrecciano con le sue. Le amiche sanno perchè sta così. E poi lo dirà anche a me e poi lo scriverà alla fine dell’incontro, chissà se per liberarsene o per avere aiuto.

Iniziamo a ragionare sull’uso delle armi.

‘Chi esce con la pistola, esce per fare tarantelle.’

‘Chi spara è colpevole.’

‘Ma poi uno spara per un paio di scarpe? Quelle si lavano.’

‘Se mi pestano le scarpe nuove mi arrabbio, ma magari gli do un pugno mica gli sparo.’

‘Ma no, non importano le scarpe ma quello che c’è dentro’ dice improvvisamente un bambino in prima fila con uno splendido cerchietto al lobo sinistro, che è stato in silenzio fino ad ora. 

‘Ragazzi è giusto che il papà di Rosario invece di consolarlo lo picchia?’

‘No, non è giusto.’ In coro

‘Vabbè, praticamente gli ha dato o riest’ dicono.

Matteo tiene la mano alzata perchè ci tiene a chiarire con dettaglio il suo pensiero: ‘In questo caso non è giusto, se però il papà lo ha avvertito tante volte e lui non ha ubbidito, due schiaffi ci stanno bene.’

E così, dopo aver sfiorato per più di una volta il tema della criminalità organizzata, passiamo alla storia di Sveva. 

Sembrano distratti, sono stanchi. Ma poi quando chiedo cosa è successo a Sveva, tutti mi sanno rispondere. A volte i bambini hanno bisogno di muoversi per ascoltare meglio, un po’ come quando si risponde al telefono e ci si alza per parlare e si cammina, cammina, come se per mantenere la linea bisognasse muoversi per forza. Forse nelle scuole dovrebbero prevedere un’area di ‘mens sana in corpore sano’, così magari da ridurre il sovrappeso, aumentare l’attenzione e risolvere anche l’irrequietezza fisica provocata dalla noia dell’immobilità.

Alla domanda ‘a voi potrebbe capitare di rimanere impigliati nella rete?’ Tutti rispondono di no, perchè loro sono troppo in gamba, loro se qualcuno li contatta lo bloccano o lo dicono ai loro genitori. Però poi iniziano a parlare tra di loro e sento ‘pure a te è arrivato quel video che se non facevi della cosa c’era uno sotto al letto che ti ammazzava?’ ‘Fabbià, io non ci sono cascato perchè sotto al mio letto non centra nessuno, è troppo stretto’ chiarisce subito Emanuele.

‘E poi quelle catene che dicono che se non le invii muori entro le 24 ore?’ dice Martina.

‘E poi quel video di quello delle challenge che ti dice che poi muori?’ ‘Mamma mia Fabbià, mi sono messo una paura’ mi confida Cristian.

Insomma fanno i duri, quelli che non possono cascarci mai, ma in realtà sanno di non essere sicuri, come poi dicono nei loro scritti, quando nessuno li riconosce.

Ed è proprio attraverso i loro scritti che capisco delle cose importanti.

Capisco che molte minacce che sentono arrivano dai coetanei, dagli amici oppure come dice qualcuno ‘dipende da quali amici’.

Hanno paura delle armi, lamette, coltelli, pistole, però qualcuno dice che: ‘quando le tengo io mi danno sicurezza, quando le tiene un altro mi fanno paura.’

E qualcuno osserva lapidario direi : ‘Le persone si lamentano delle continue uccisioni/ferite, ma allora non dovrebbero creare armi su armi.’ Intendendo per ‘persone’ gli adulti ovviamente.

Tra le storie che raccontano, poche questa volta, c’è anche la storia che chiarisce perchè la bambina piangeva mentre sentiva le storie delle vittime di camorra: ‘Mio zio stava montando una piscina e al vicino dava fastidio. Quindi è sceso con un coltello e ha accoltellato mio zio.’ 

E poi ci sono tante risposte come: ‘sinceramente non seguo la moda, preferisco essere me stessa’, ‘non seguo la moda perchè una scarpa da 5€ per me ha lo stesso valore di una da 1000€’, ‘io seguo su tik tok molte persone ma per privacy non voglio dire quante’. 

E così fa capolino un nuovo sorriso, delicato, tenero, perchè non c’è niente da fare nonostante i vestiti stretti, le unghie laccate, le esperienze a volte difficili, i ciuffi sul viso, l’atteggiamento fiero, sono proprio dei bambini.

E da loro inizio con i ringraziamenti.

Grazie ai bambini per avermi fatto capire che mi devo presentare con il mio nome, perchè dobbiamo essere pari. Grazie per avermi mostrato dietro quell’atteggiamento da grandi tutte le incertezze, le fragilità, le tenerezze, tipiche di voi bambini.

Grazie alla professoressa Paladino per aver creduto in Tanto ho le cuffie. Grazie alla professoressa De Matteo ed al professore Palmisciano per aver accompagnato e seguito con garbo e considerazione i bambini e per averli resi liberi di esprimersi.

Grazie a Giovanni Durante per aver condiviso con noi la sua triste storia con emozione e all’Associazione Annalisa Durante, con il suo volontario Salvatore, per il lavoro che hanno fatto con noi e che fanno ogni giorno sul territorio.

 

Tanto ho le cuffie, Ognuno ha la sua storia … e ogni storia merita di essere raccontata!

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*’Tanto ho le cuffie. Ognuno ha la sua storia’ è un progetto di PE dell’Università L’Orientale di Napoli, volto alla sensibilizzazione civica di giovani, adulti e istituzioni sui diritti dei minori, in collaborazione con la Notte Europea della Ricerca. 2022 e con Made in earth Onlus - Un Sorriso per tutti.

Data di ultimo aggiornamento: 09 Gennaio 2024