
Il seminario intende far luce sul mondo variegato delle “demonologie”, offrendo alcuni contributi all’interno di un ampio arco temporale che spazia dal pensiero medievale fino alla letteratura dell’Ottocento, attraverso il Rinascimento, la critica libertina e l’Illuminismo.
A partire dal secolo XII, e ancora nel XV e in parte nel XVI, le presenze demoniache vengono interpretate in diverse forme: genius malignus, entità distinte in “calodaemones” e “cacodaemones”, geni protettori, intelligenze celesti, demoni di stampo socratico o “visioni” e anche possessioni prodotte dall’inganno. In questa cornice si discute di “demonologie” di impianto cosmologico-naturalistico-gnoseologico (Guglielmo di Conches, Guglielmo d’Alvernia, Agostino Nifo, Girolamo Cardano).
Nel periodo che va dalla metà del Cinquecento alla metà del secolo successivo, in un’Europa densamente occupata da diavoli e altre sinistre creature, come osserva Tullio Gregory, si assiste invece alla critica a demoni e streghe da parte di Jean Bodin per ragioni politiche e a quella di autori del “libertinismo erudito” (da La Mothe Le Vayer a Cyrano de Bergerac, da Gabriel Naudé a Guy Patin) condizionata da elementi ripresi dalla tradizione scettica e naturalistica.
Il rapporto tra ragione e fremiti irrazionalistici, che nell’età dell’illuminismo ancora si presentano, viene illustrato attraverso i "Sogni di un visionario" spiegati tramite i "Sogni della metafisica" di Immanuel Kant.
Per l’Ottocento, la ricerca filosofica e psicologica degli aspetti nascosti della “parte più bassa, vile e spregevole” dell’essere umano, presente nei testi di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, si concentra sull’analisi dei personaggi de "I fratelli Karamazov", dove emerge come tema centrale la più arcaica delle pulsioni, il parricidio.