
Oggi le opere arabe e in lingua araba rappresentate sui palcoscenici occidentali non sono più un'eccezione. Dall'11 settembre, e soprattutto dalle "primavere arabe" (2011), il loro numero è aumentato considerevolmente (Carlson 2018). Dalla creazione della Biennale di cultura araba di Londra, Shubbak, queste pratiche sono cresciute costantemente, soprattutto a causa dell'aumento vertiginoso del numero di migranti in Europa. Il picco degli arrivi è stato raggiunto nel 2015, anno della "crisi dei rifugiati", in seguito all'ascesa di Daëch. Da allora, il discorso dei media e dei politici ha continuato a oscillare tra il linguaggio della xenofobia e la retorica dell'accoglienza, mentre la galassia culturale si è interessata alle manifestazioni artistiche legate non solo alla Siria, ma anche al resto del mondo arabo migrante. La cooperazione culturale europea ha incorporato forme di partenariato che coinvolgono i professionisti del teatro e il movimento degli artisti. Molti di questi progetti hanno favorito la nascita di esperimenti teatrali post-migrazione, in particolare in Germania e nei Paesi scandinavi, con compagnie composte interamente, o per la maggior parte, da migranti.